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Transizione 5.0

Chi può accedere ai benefici del piano Transizione 5.0

Il piano è dedicato a tutte le imprese che effettuino “nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici”, senza distinzione di forma giuridica, settore, dimensione o regime fiscale.

I beni strumentali incentivati e il collegamento al piano Transizione 4.0

Per accedere all’incentivo occorre che si verifichino le seguenti condizioni

  • Effettuare un investimento in almeno uno dei beni strumentali materiali e immateriali previsti agli allegati A e B del piano Transizione 4.0. Anche in questo caso si prevede che i beni devono essere interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
  • Questi beni devono essere inseriti in un progetto di innovazione che consenta di ottenere una riduzione dei consumi energetici
  • La riduzione dei consumi deve essere pari ad almeno il 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale oppure ad almeno il 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento.

L’allegato B, quello dedicato ai software, viene ampliato, prevedendo l’ammissibilità agli incentivi anche per

  • software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
  • i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui alla lettera a).

Di fatto si tratta dei sistemi di monitoraggio dei consumi, anche se parte di un più ampio sistema ERP.

Vale la pena sottolineare a questo punto che, se un investimento in beni 4.0 ricade sotto l’ombrello della Transizione 5.0 perché abilita un risparmio energetico, si applicheranno le norme di questo piano (e non più quelle del piano Transizione 4.0) in relazione alle tempistiche e alle modalità di fruizione dell’incentivo. In particolare: l’interconnessione andrà inclusa nella certificazione ex post; il recupero del credito potrà avvenire in un’unica quota e non in tre. I due incentivi dunque condividono la base dei beni, ma poi seguono strade diverse.

Il piano Transizione 4.0 resta operativo per tutti gli investimenti nei beni previsti negli allegati A e B che non generano risparmio, oppure generano risparmio sotto le soglie minime previste dal Transizione 5.0.

Le aliquote

E veniamo alle aliquote, che sono complessivamente 9, come avevamo anticipato. Bisogna poi tenere in considerazione che ciascuna aliquota può essere maggiorata di 1,2 o 1,4 volte considerando quanto abbiamo appena visto in relazione ai soli pannelli fotovoltaici ad elevata efficienza.

Le aliquote di base del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione non inferiore al 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, una riduzione non inferiore al 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, sono:

  • 35% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 15% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 5% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Le aliquote del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione superiore al 6% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 10% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento,

  • 40% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 10% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Nel caso in cui l’investimento consegua una riduzione superiore al 10% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 15% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, le aliquote diventano

  • 45% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 25% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 15% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Come si calcola il risparmio energetico per aziende esistenti e di nuova costituzione

Il testo della norma spiega che per calcolare la riduzione dei consumi occorre

  • riproporzionare i conteggi su base annuale
  • fare riferimento ai consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello in cui si effettuano gli investimenti
  • il risparmio sui consumi deve essere “al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico”.

Per non escludere dall’incentivo le imprese di nuova costituzione, il testo prevede che, in questo caso, il risparmio energetico conseguito vada calcolato “rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a uno scenario controfattuale, individuato secondo i criteri definiti nel decreto di cui al comma 17″. In pratica il decreto attuativo darà dei numeri medi di riferimento per i diversi scenari in base ai quali parametrare il risparmio energetico garantito dall’investimento.

Gli oneri documentali

Le imprese dovranno produrre prima (ex ante) e dopo (ex post) aver effettuato l’investimento:

  • una certificazione ex ante
  • una comunicazione ex ante al Ministero delle Imprese e del Made in Italy
  • una certificazione ex post
  • una comunicazione ex post al Ministero delle imprese e del made in Italy.

Le due “comunicazioni”, il cui contenuto sarà poi illustrato nel futuro decreto attuativo, serviranno al Ministero per tenere conto delle risorse prenotate e utilizzate.

Infine occorrerà un’ultima certificazione a cura del revisore dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa. Le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti potranno aggiungere 5.000 euro al credito d’imposta per mitigare l’impatto di questa ulteriore spesa.

Le certificazioni

Le due certificazioni invece dovranno essere rilasciate da un valutatore indipendente (la lista sarà disposta dal futuro decreto attuativo) e riguarderanno invece rispettivamente l’ammissibilità e il completamento degli investimenti.

In particolare la certificazione ex ante deve attestare la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni di cui al comma 4 (beni materiali e immateriali, non quindi la parte dell’autoproduzione e autoconsumo).

La certificazione ex post deve invece attestare “l’effettiva realizzazione degli investimenti conformemente a quanto previsto dalla certificazione ex ante e l’avvenuta interconnessione dei beni al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura”.

Come si può notare, anche l’interconnessione dovrà far parte di questa certificazione, indipendentemente dal valore dei beni (non basterà l’auto-dichiarazione sotto i 300.000 euro come avviene nel piano Transizione 4.0).

Una graditissima sorpresa è invece la possibilità – ma solo per le piccole e medie imprese – di poter aggiungere al credito d’imposta anche le spese sostenute per la certificazione fino a un massimo di 10.000 euro.

Come si fruisce dell’incentivo (e il nodo delle tempistiche)

Il credito d’imposta si usa con le consuete modalità, cioè esclusivamente in compensazione tramite F24 presentato nel canale dei servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate.

Il credito d’imposta “non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale”.

L’avvio della fruizione non potrà in nessun caso superare la data del 31 dicembre 2025. Quindi il 31 dicembre è data che sancisce sia il termine per l’effettuazione dell’investimento sia il termine per la certificazione e l’avvio della fruizione dell’incentivo.

Senza avere la pretesa di essere precisi, considerando che tra l’ordine, la consegna, l’installazione, l’interconnessione e l’adempimento degli oneri documentali, tra tutti le certificazioni, difficilmente passeranno meno di 4 mesi, possiamo dire che di fatto per sfruttare l’incentivo bisognerà sbrigarsi e in ogni caso provvedere all’avvio delle attività entro l’estate del 2025.

 

Addio all’automatismo, occorre attendere il provvedimento di concessione

C’è un’altra ragione per muoversi subito: le risorse sono definite e il Ministero attiverà un contatore (come per la Sabatini, per esempio), per cui al termine delle risorse dovrebbe scattare la chiusura.

La fruizione dell’incentivo infatti non è automatica. Il testo normativo dispone infatti che “il Ministero delle imprese e del made in Italy, prima della comunicazione ai soggetti beneficiari, trasmette all’Agenzia delle entrate, con modalità telematiche definite d’intesa tra il Ministero delle imprese e del made in Italy e l’Agenzia delle entrate, l’elenco delle imprese ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso, nonché le eventuali variazioni e revoche. Il credito d’imposta concesso è disponibile decorsi dieci giorni dalla comunicazione ai beneficiari del provvedimento di concessione”.

Ci sarà quindi un “provvedimento di concessione” fondamentale proprio a garantire al Governo che non vengano sforate le risorse disponibili.

Una seconda nota importante (stavolta positiva) è che mentre è indispensabile che il primo F24 venga fruito entro il 31/12/2025, laddove non si abbia sufficiente capienza per scaricare il credito d’imposta maturato, lo si potrà fare anche in cinque quote annuali di pari importo.

La cumulabilità

Il credito d’imposta Transizione 5.0 è cumulabile con altri incentivi che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che il cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto.

Non è invece cumulabile, in relazione ai medesimi costi ammissibili, con il credito d’imposta Transizione 4.0 (come dicevamo, se si entra nell’alveo del 5.0 si esce da quello del 4.0) né con il credito d’imposta per investimenti nella ZES unica.

Il prossimo decreto attuativo

Come si è potuto vedere, sono tanti gli aspetti che dovranno essere approfonditi nel decreto attuativo che dovrà essere emanato dal Ministro delle imprese e del made in Italy di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge.

Il decreto attuativo dovrà occuparsi di tutta la parte di dettaglio assente dal decreto-legge e che è di fatto relativa ai contenuti e alle modalità di presentazione delle comunicazioni ex ante ed ex post, ai contenuti e alle modalità di presentazione alle certificazioni ex ante ed ex post, all’indicazione dei soggetti titolati a redigere le certificazioni, ai criteri per la determinazione del risparmio energetico conseguito, con particolare riferimento al punto iniziale a cui dovranno fare riferimento le imprese di nuova costituzione.